El siguiente texto de PAPINI pertenece a su libro 24 cervelli. Al mismo pertenece la primera semblanza crítica publicada en Italia sobre CARLO MICHELSTAEDTER, cuyo Diálogo de la salud fue publicado recientemente por Ediciones De La Mirándola, en un volumen que recoge también sus poemas completos.
IGNOTO
La deplorevole abitudine, ormai
invalsa, di parlare soltanto degli uomini che si conoscono e della cui
esistenza siamo assolutamente sicuri, ha fatto sì che nessuno s'è curato di
scrivere la vita d'Ignoto. E badate bene ch'io non voglio parlare di un ignoto
qualsiasi che da un momento all'altro possa esser ricollocato nella clase volgare
dei conosciuti o dei riconosciuti, ma proprio di lui, dell'autentico Ignoto,
che nessuno conosce.
Tutti i consumatori di penne
scrivono solamente intorno ai celebri, agli illustri, ai preclari o almeno su
esseri noti alla polizia e iscritti regularmente nelle anagrafi municipali. Chi si degnerebbe dilapidate l'inchiostrò
per chi non ha nome ? E non solo, badate bene, per chi non possiede ciò che i
letterati chiamano fama o chiarezza, ma per chi non ha neppure una di quelle triviali
coppie di nomi che i tipografi compongono una sola volta : per il bollettino
dei defunti ?
Gli scrittori credono di
giustificarsi ampiamente dicendo : Come possiamo scrivere la vita d'Ignoto dal
momento che di lui, appunto perchè ignoto, non sappiamo ne possiamo saper nulla
? Scusa stupidissima. Le più belle
biografie son quelle degli uomini di cui non sappiamo nulla. Sono le più
ricche e, nello stesso tempo, le più educative. Esse ci dicono ciò che noi
aspettiamo dagli uomini: il nostro ideale dell'uomo, ciò che l'uomo dovrebbe
essere.
Ma ciò non fa al caso nostro. Non
abbiamo bisogno d'immaginazione. S'è vero che gli uomini si conoscon dalle
opere, sappiamo tante cose di Ignoto ! Direi anzi, se potessi esser creduto,
che egli è stato il personaggio più importante della storia, il massimo eroe
dell'umanità. Se nessuno mi crede non importa ma i superstiziosi del noto e i
bigotti del catalogo mi ascoltino.
Ignoto è vecchissimo. E'
contemporaneo dei primi uomini. In quei tempi si occupò sopratutto di chimica e
meccanica. Inventò la ruota e trovò l'uso del ferro. Più tardi si occupò dei
vestiti, ideò la moneta e creò l'agricoltura. Ma presto si disgustò di codesti
mestieri materiali e si tramutò in poeta. Durante lunghissimi anni, viaggiando qua
e là, immaginò i miti religiosi, compose i Vedi e gli Inni Orfici, fantasticò
le leggende del nord, improvvisò i temi eterni e i ritornelli nostalgici dei
canti popolari. Anche nel medioevo continuò
ad aver le stesse abitudini. Scolpì lestatue innumerevoli delle cattedrali
romaniche e gotiche, coprì di affreschi anonimi le pareti, delle cappelle e dei
refettori. Anche allora creo novelle e leggende, e i magnifici libri senza nome
d'autore son suoi. Solo all'avvicinarsi dei tempi moderni, col
progredire della stupida manìa di , registrare e scrivere. Ignoto si fece in
disparte e si riposò. Una turba immensa di abili vanitosi, di uomini che
avevano un nome o volevan farselo, si pose a dipingere, a inventare, a
scolpire, a scrivere. Costoro avevano meno genio d'Ignoto, ma erano anche meno
modesti di lui e si compiacquero di far sapere a tutti i venti ch'eran proprio loro
che avevan fatte quelle tali cose e non altri. Essi non lavoravano solo per la
loro gioia o per altrui giovamento ma sopratutto perchè il mondo sapessé che
proprio loro avevan lavorato.
Nonostante Ignoto non rimase
sempre in ozio. Coll'avvicinarsi della democrazia si buttò alla politica. Le grandi rivoluzioni moderne furòn fatte da
lui. I puritani inglesi, i libelli americani, i sanculotti francesi, i
volontari italiani furono sue manifestazioni.'Sotto il nome di Folla e di
Popolo fece paura ai re, rovesciò i demagoghi e si pose in testa di rivoltare
il mondo. Ma queste grandi ambizioni non gli impediscono di riandare gli
antichi tempi beati : spesse volte passeggia, pensieroso, per le strade
secolari, che egli tracciò, si compiace delle semplici forme dei vasi, che
prima di tutti modellò, e si rifugia volentieri nelle case, che inventò da fanciullo, ispirandosi ai
boschi e alle grotte.
Egli vive ancora e non può morire. La sua attività, dopo i progressi
spaventosi della superbia e della reclame, sarà sempre più piccola, ma continuerà
ad essere ciò che gli uomini silenziosi erano per Carlyle: il sale della terra.
Per dire il vero ho qualche sospetto che in seguito all'ozio forzato e
alla tristizia dei tempi sia sdrucciolato sulle vie del delitto. Tutte le volte che vedo i giornali attribuire
furti con scasso o ferite in rissa ai « soliti ignoti » ho una certa paura che
si tratti di lui. Soltanto il plurale mi rassicura.
A giudicare dai ritratti non potrei crederlo capace di cose simili. Avete
mai notato in tutte le gallerie del mondo ciò che vien chiamato dai cataloghi e
dalle targhette « Ritratto d'Ignoto » ? Questi ritratti sono tutti
diversi fra loro e i critici pedanti sostengono che si tratta di persone
differenti, non ancora identificate, ma io non dò ascolto ai critici e ho piena
fede nella molteplicità di volti del mio eroe. E guardatelo com'è nobile e bello
il volto d'Ignoto ! Spesso vien raffigurato sotto l'aspetto di un gentiluomo
pensieroso, qualche volta è un giovanetto pallido, visto in profilo, sullo
sfondo di una finestra; tal altra un uomo saggio e maturo, che si trastulla con
un guanto o con un falcone. Ma sempre si scorge nella sua figura quella
signorilità d'animo e quella naturale riservatezza che gli ha impedito di far
divulgare il suo nome dalla bocca oscena della Fama.
DESCONOCIDO
La deplorable costumbre, hoy difundida, de
hablar tan sólo de los hombres que se conocen y de cuya existencia estamos
absolutamente seguros, ha hecho que nadie se haya preocupado por escribir la
vida de Desconocido. Y fíjense bien que no quiero hablar de un desconocido
cualquiera al que de un momento al otro se lo pueda volver a incluir en la
clase vulgar de los conocidos o de los reconocidos, sino precisamente de él,
del auténtico Desconocido, a quien nadie conoce.
Todos los gastadores de plumas escriben
solamente acerca de los célebres, los ilustres, los preclaros o, al menos,
sobre seres conocidos por la policía e inscritos regularmente en los registros
civiles. ¿Quién consideraría digno derrochar tinta por quien no tiene nombre? Y
no sólo, fíjense bien, por quien no posee lo que los literatos llaman fama o
lustre, sino por quien ni siquiera tiene uno de esos vulgares pares de nombres
que los tipógrafos componen una sola vez: para la columna necrológica.
Los escritores creen justificarse plenamente
diciendo: ¿Cómo podemos escribir la vida de Desconocido, puesto que de él,
precisamente porque es desconocido, no sabemos ni podemos saber nada? Disculpa
más que estúpida. Las biografías más hermosas son las de los hombres de los que
no sabemos nada. Son las más ricas y, al mismo tiempo, las más educativas. Nos
dicen aquello que esperamos de los hombres: nuestro ideal del hombre, lo que el
hombre tendría que ser.
Pero esto no tiene nada que ver con nuestro
caso. No tenemos necesidad de imaginación. Si es verdad que los hombres se
conocen por sus obras, ¡son tantas las cosas que sabemos de Desconocido!
Incluso diré, si se me pudiera dar crédito, que fue el personaje más importante
de la historia, el mayor prócer de la humanidad. Si nadie me cree, no importa;
pero que los supersticiosos de lo conocido y los devotos del catálogo me
escuchen.
Desconocido es antiquísimo. Es contemporáneo
de los primeros hombres. En aquellos tiempos se dedicó sobre todo a la química
y a la mecánica. Inventó la rueda y descubrió el uso del hierro. Más tarde se
ocupó de la ropa, ideó la moneda y creó la agricultura. Pero pronto se cansó de
estos oficios materiales y se convirtió en poeta. Durante larguísimos años, viajando
por acá y por allá, imaginó los mitos religiosos, compuso los Vedas y los
Himnos Órficos, soñó las leyendas del norte, improvisó los temas eternos y los
estribillos nostálgicos de los cantos populares. También en la Edad Media
siguió teniendo las mismas costumbres. Esculpió las estatuas innumerables de
las catedrales románicas y góticas, cubrió de frescos anónimos las paredes de
las capillas y los refectorios. También entonces creó cuentos y leyendas, y suyos
son los magníficos libros sin nombre. Sólo al acercarse los tiempos modernos,
con el progreso de la estúpida manía de registrar y escribir, Desconocido se
hizo a un lado y descansó. Una turba inmensa de hábiles vanidosos, de hombres
que tenían o querían hacerse un nombre, se puso a pintar, inventar, esculpir,
escribir. Éstos tenían menos genio que Desconocido, pero eran también menos
modestos que él y se complacieron en hacer saber a los cuatro vientos que eran ellos
los que habían hecho todas aquellas cosas y no otros. No trabajaban sólo por su
propio contento o para el goce ajeno, sino sobre todo para que el mundo supiese
que eran ellos los que habían trabajado.
Desconocido, no obstante, no permaneció
siempre ocioso. Al acercarse la democracia se metió de lleno en la política.
Las grandes revoluciones modernas fueron hechas por él. Los puritanos ingleses,
los rebeldes norteamericanos, los sans-culottes
franceses, los voluntarios italianos, fueron manifestaciones suyas. Bajo el
nombre de Multitud y de Pueblo inspiró miedo a los reyes, tiró abajo a los
demagogos y se obstinó en trastocar el mundo. Pero estas grandes ambiciones no
le impiden volver a recorrer los antiguos tiempos felices: a menudo se pasea,
pensativo, por los caminos seculares, que él trazó; se complace con las formas
simples de los jarrones, que fue el primero en modelar; y se refugia de buen
grado en las casas, que inventó siendo un niño, inspirándose en los bosques y
en las grutas.
Aún vive, y no puede morir. Su actividad,
después de los progresos espantosos de la soberbia y del autobombo, será cada
vez más pequeña, pero seguirá siendo lo que los hombres silenciosos eran para
Carlyle: la sal de la tierra. A decir verdad, tengo cierta sospecha de que,
como consecuencia del ocio forzado y de la tristeza de los tiempos, puede haber
resbalado por las vías del delito. Cada vez que veo que los diarios atribuyen
robos por efracción o lesiones en riña a los “desconocidos de costumbre” tengo
algún miedo de que se trate de él. Sólo el plural me intranquiliza.
A juzgar por los retratos, no podría creerlo
capaz de cosas semejantes. ¿Han notado alguna vez, en todas las galerías del
mundo, lo que los catálogos y las etiquetas designan como “Retrato de Desconocido”?
Estos retratos son todos distintos unos de
otros y los críticos pedantes sostienen que se trata de personas diferentes,
aún no identificadas, pero yo no hago caso de los críticos y tengo plena fe en
la multiplicidad de rostros de mi héroe. ¡Y miren qué noble y bello es el
rostro de Desconocido! A menudo se lo representa bajo el aspecto de un caballero
pensativo; algunas veces es un joven pálido, visto de perfil, con una ventana de
fondo; otras, un hombre sensato y maduro, que se entretiene con un guante o con
un halcón. Pero siempre se percibe en su figura ese carácter de gran señor y
esa reserva natural que le impidieron dejar que divulgue su nombre la boca
obscena de la Fama.
Traducción para Literatura & Traducciones de Carlos Cámara y Miguel Ángel Frontán.