jueves, 3 de abril de 2014

Giovanni Papini: Desconocido

El siguiente texto de PAPINI pertenece a su libro 24 cervelli. Al mismo pertenece la primera semblanza crítica publicada en Italia sobre CARLO MICHELSTAEDTER, cuyo Diálogo de la salud fue publicado recientemente por Ediciones De La Mirándola, en un volumen que recoge también sus poemas completos.




IGNOTO

La deplorevole abitudine, ormai invalsa, di parlare soltanto degli uomini che si conoscono e della cui esistenza siamo assolutamente sicuri, ha fatto sì che nessuno s'è curato di scrivere la vita d'Ignoto. E badate bene ch'io non voglio parlare di un ignoto qualsiasi che da un momento all'altro possa esser ricollocato nella clase volgare dei conosciuti o dei riconosciuti, ma proprio di lui, dell'autentico Ignoto, che nessuno conosce.

Tutti i consumatori di penne scrivono solamente intorno ai celebri, agli illustri, ai preclari o almeno su esseri noti alla polizia e iscritti regularmente nelle anagrafi municipali. Chi si degnerebbe dilapidate l'inchiostrò per chi non ha nome ? E non solo, badate bene, per chi non possiede ciò che i letterati chiamano fama o chiarezza, ma per chi non ha neppure una di quelle triviali coppie di nomi che i tipografi compongono una sola volta : per il bollettino dei defunti ?

Gli scrittori credono di giustificarsi ampiamente dicendo : Come possiamo scrivere la vita d'Ignoto dal momento che di lui, appunto perchè ignoto, non sappiamo ne possiamo saper nulla ? Scusa stupidissima. Le più belle biografie son quelle degli uomini di cui non sappiamo nulla. Sono le più ricche e, nello stesso tempo, le più educative. Esse ci dicono ciò che noi aspettiamo dagli uomini: il nostro ideale dell'uomo, ciò che l'uomo dovrebbe essere.
Ma ciò non fa al caso nostro. Non abbiamo bisogno d'immaginazione. S'è vero che gli uomini si conoscon dalle opere, sappiamo tante cose di Ignoto ! Direi anzi, se potessi esser creduto, che egli è stato il personaggio più importante della storia, il massimo eroe dell'umanità. Se nessuno mi crede non importa ma i superstiziosi del noto e i bigotti del catalogo mi ascoltino.

Ignoto è vecchissimo. E' contemporaneo dei primi uomini. In quei tempi si occupò sopratutto di chimica e meccanica. Inventò la ruota e trovò l'uso del ferro. Più tardi si occupò dei vestiti, ideò la moneta e creò l'agricoltura. Ma presto si disgustò di codesti mestieri materiali e si tramutò in poeta. Durante lunghissimi anni, viaggiando qua e là, immaginò i miti religiosi, compose i Vedi e gli Inni Orfici, fantasticò le leggende del nord, improvvisò i temi eterni e i ritornelli nostalgici dei canti popolari. Anche nel medioevo continuò ad aver le stesse abitudini. Scolpì lestatue innumerevoli delle cattedrali romaniche e gotiche, coprì di affreschi anonimi le pareti, delle cappelle e dei refettori. Anche allora creo novelle e leggende, e i magnifici libri senza nome d'autore son suoi. Solo all'avvicinarsi dei tempi moderni, col progredire della stupida manìa di , registrare e scrivere. Ignoto si fece in disparte e si riposò. Una turba immensa di abili vanitosi, di uomini che avevano un nome o volevan farselo, si pose a dipingere, a inventare, a scolpire, a scrivere. Costoro avevano meno genio d'Ignoto, ma erano anche meno modesti di lui e si compiacquero di far sapere a tutti i venti ch'eran proprio loro che avevan fatte quelle tali cose e non altri. Essi non lavoravano solo per la loro gioia o per altrui giovamento ma sopratutto perchè il mondo sapessé che proprio loro avevan lavorato.

Nonostante Ignoto non rimase sempre in ozio. Coll'avvicinarsi della democrazia si buttò alla politica. Le grandi rivoluzioni moderne furòn fatte da lui. I puritani inglesi, i libelli americani, i sanculotti francesi, i volontari italiani furono sue manifestazioni.'Sotto il nome di Folla e di Popolo fece paura ai re, rovesciò i demagoghi e si pose in testa di rivoltare il mondo. Ma queste grandi ambizioni non gli impediscono di riandare gli antichi tempi beati : spesse volte passeggia, pensieroso, per le strade secolari, che egli tracciò, si compiace delle semplici forme dei vasi, che prima di tutti modellò, e si rifugia volentieri nelle case, che inventò da fanciullo, ispirandosi ai boschi e alle grotte.

Egli vive ancora e non può morire. La sua attività, dopo i progressi spaventosi della superbia e della reclame, sarà sempre più piccola, ma continuerà ad essere ciò che gli uomini silenziosi erano per Carlyle: il sale della terra. Per dire il vero ho qualche sospetto che in seguito all'ozio forzato e alla tristizia dei tempi sia sdrucciolato sulle vie del delitto. Tutte le volte che vedo i giornali attribuire furti con scasso o ferite in rissa ai « soliti ignoti » ho una certa paura che si tratti di lui. Soltanto il plurale mi rassicura.

A giudicare dai ritratti non potrei crederlo capace di cose simili. Avete mai notato in tutte le gallerie del mondo ciò che vien chiamato dai cataloghi e dalle targhette « Ritratto d'Ignoto » ? Questi ritratti sono tutti diversi fra loro e i critici pedanti sostengono che si tratta di persone differenti, non ancora identificate, ma io non dò ascolto ai critici e ho piena fede nella molteplicità di volti del mio eroe. E guardatelo com'è nobile e bello il volto d'Ignoto ! Spesso vien raffigurato sotto l'aspetto di un gentiluomo pensieroso, qualche volta è un giovanetto pallido, visto in profilo, sullo sfondo di una finestra; tal altra un uomo saggio e maturo, che si trastulla con un guanto o con un falcone. Ma sempre si scorge nella sua figura quella signorilità d'animo e quella naturale riservatezza che gli ha impedito di far divulgare il suo nome dalla bocca oscena della Fama.


DESCONOCIDO

La deplorable costumbre, hoy difundida, de hablar tan sólo de los hombres que se conocen y de cuya existencia estamos absolutamente seguros, ha hecho que nadie se haya preocupado por escribir la vida de Desconocido. Y fíjense bien que no quiero hablar de un desconocido cualquiera al que de un momento al otro se lo pueda volver a incluir en la clase vulgar de los conocidos o de los reconocidos, sino precisamente de él, del auténtico Desconocido, a quien nadie conoce.

Todos los gastadores de plumas escriben solamente acerca de los célebres, los ilustres, los preclaros o, al menos, sobre seres conocidos por la policía e inscritos regularmente en los registros civiles. ¿Quién consideraría digno derrochar tinta por quien no tiene nombre? Y no sólo, fíjense bien, por quien no posee lo que los literatos llaman fama o lustre, sino por quien ni siquiera tiene uno de esos vulgares pares de nombres que los tipógrafos componen una sola vez: para la columna necrológica.

Los escritores creen justificarse plenamente diciendo: ¿Cómo podemos escribir la vida de Desconocido, puesto que de él, precisamente porque es desconocido, no sabemos ni podemos saber nada? Disculpa más que estúpida. Las biografías más hermosas son las de los hombres de los que no sabemos nada. Son las más ricas y, al mismo tiempo, las más educativas. Nos dicen aquello que esperamos de los hombres: nuestro ideal del hombre, lo que el hombre tendría que ser.

Pero esto no tiene nada que ver con nuestro caso. No tenemos necesidad de imaginación. Si es verdad que los hombres se conocen por sus obras, ¡son tantas las cosas que sabemos de Desconocido! Incluso diré, si se me pudiera dar crédito, que fue el personaje más importante de la historia, el mayor prócer de la humanidad. Si nadie me cree, no importa; pero que los supersticiosos de lo conocido y los devotos del catálogo me escuchen.

Desconocido es antiquísimo. Es contemporáneo de los primeros hombres. En aquellos tiempos se dedicó sobre todo a la química y a la mecánica. Inventó la rueda y descubrió el uso del hierro. Más tarde se ocupó de la ropa, ideó la moneda y creó la agricultura. Pero pronto se cansó de estos oficios materiales y se convirtió en poeta. Durante larguísimos años, viajando por acá y por allá, imaginó los mitos religiosos, compuso los Vedas y los Himnos Órficos, soñó las leyendas del norte, improvisó los temas eternos y los estribillos nostálgicos de los cantos populares. También en la Edad Media siguió teniendo las mismas costumbres. Esculpió las estatuas innumerables de las catedrales románicas y góticas, cubrió de frescos anónimos las paredes de las capillas y los refectorios. También entonces creó cuentos y leyendas, y suyos son los magníficos libros sin nombre. Sólo al acercarse los tiempos modernos, con el progreso de la estúpida manía de registrar y escribir, Desconocido se hizo a un lado y descansó. Una turba inmensa de hábiles vanidosos, de hombres que tenían o querían hacerse un nombre, se puso a pintar, inventar, esculpir, escribir. Éstos tenían menos genio que Desconocido, pero eran también menos modestos que él y se complacieron en hacer saber a los cuatro vientos que eran ellos los que habían hecho todas aquellas cosas y no otros. No trabajaban sólo por su propio contento o para el goce ajeno, sino sobre todo para que el mundo supiese que eran ellos los que habían trabajado.

Desconocido, no obstante, no permaneció siempre ocioso. Al acercarse la democracia se metió de lleno en la política. Las grandes revoluciones modernas fueron hechas por él. Los puritanos ingleses, los rebeldes norteamericanos, los sans-culottes franceses, los voluntarios italianos, fueron manifestaciones suyas. Bajo el nombre de Multitud y de Pueblo inspiró miedo a los reyes, tiró abajo a los demagogos y se obstinó en trastocar el mundo. Pero estas grandes ambiciones no le impiden volver a recorrer los antiguos tiempos felices: a menudo se pasea, pensativo, por los caminos seculares, que él trazó; se complace con las formas simples de los jarrones, que fue el primero en modelar; y se refugia de buen grado en las casas, que inventó siendo un niño, inspirándose en los bosques y en las grutas.

Aún vive, y no puede morir. Su actividad, después de los progresos espantosos de la soberbia y del autobombo, será cada vez más pequeña, pero seguirá siendo lo que los hombres silenciosos eran para Carlyle: la sal de la tierra. A decir verdad, tengo cierta sospecha de que, como consecuencia del ocio forzado y de la tristeza de los tiempos, puede haber resbalado por las vías del delito. Cada vez que veo que los diarios atribuyen robos por efracción o lesiones en riña a los “desconocidos de costumbre” tengo algún miedo de que se trate de él. Sólo el plural me intranquiliza.

A juzgar por los retratos, no podría creerlo capaz de cosas semejantes. ¿Han notado alguna vez, en todas las galerías del mundo, lo que los catálogos y las etiquetas designan como “Retrato de Desconocido”?
Estos retratos son todos distintos unos de otros y los críticos pedantes sostienen que se trata de personas diferentes, aún no identificadas, pero yo no hago caso de los críticos y tengo plena fe en la multiplicidad de rostros de mi héroe. ¡Y miren qué noble y bello es el rostro de Desconocido! A menudo se lo representa bajo el aspecto de un caballero pensativo; algunas veces es un joven pálido, visto de perfil, con una ventana de fondo; otras, un hombre sensato y maduro, que se entretiene con un guante o con un halcón. Pero siempre se percibe en su figura ese carácter de gran señor y esa reserva natural que le impidieron dejar que divulgue su nombre la boca obscena de la Fama.

Traducción para Literatura & Traducciones de Carlos Cámara y Miguel Ángel Frontán.